La narrazione delle cause genetiche dei disturbi psichici
di Dario Solarino
La strategia narrativa della psichiatria contemporanea
Tra le narrazioni della società contemporanea che si stanno maggiormente imponendo all’opinione pubblica, sia per la quantità dei messaggi mediatici, sia per la frequenza di questi, c’è quella delle cause organiche dei disturbi psicologici.
Sono oramai molteplici gli interventi mediatici che reiterano questo tipo di messaggio, ecco un estratto di uno dei numerosi articoli, come esempio:
La depressione è “scritta” nei geni. Uno studio spazza via ogni dubbio
Vincent van Gogh e Richard Nixon, Alain Delon e Nicole Kidman, dalla pittura alla politica passando per lo spettacolo, la depressione è come un filo rosso che lega milioni di persone. Una nuova ricerca rivela ora che in realtà la causa del male di vivere può essere nascosta tra le “pieghe” del Dna e che nell’insorgere della malattia, accanto agli eventi traumatici “esterni”, tutto dipende da un gene, chiamato 5-HTT. Gli scienziati dell’University of Michigan (Usa) riaprono dunque una questione dibattuta da decenni, affermando, dopo aver comparato 54 studi sull’argomento, il collegamento tra Dna e depressione. 1
Una narrazione è un’attività strategica, un’azione basata sulla interrelazione fra autore e destinatario, che, secondo le più recenti teorie dello storytelling 2 non consiste solamente nel racconto di una storia ad un pubblico, ma nella condivisione di un mondo; ogni storia è concepita come «un dispositivo ordinatore, uno strumento che mette in ordine e sistematizza gli eventi umani dando loro un senso, cioè una direzione».3
Ogni strategia narrativa non può prescindere da due elementi portanti: il «cosa» raccontare e il «come» raccontarlo.
Il «cosa» viene raccontato include i personaggi, gli eventi, le azioni e i temi proposti, mentre il «come» fa riferimento ai differenti media che possono essere usati per veicolare la narrazione.
I contenuti raccontati sono caratterizzati sempre dalla stessa catena di eventi messi in gioco da uno specifico gene del Dna, che causa quel disturbo psicologico particolare; i format comunicativi usati sono pubblicazioni accademiche divulgate attraverso articoli della stampa, quotidiana o periodica.
È il format della comunicazione che viene usato per divulgare l’origine dei disturbi psichici, a rafforzare il messaggio, già mediaticamente forte, poiché avvalorato da fonti accademico-scientifiche, e a conferirgli una veste di oggettività e incontestabilità; come nella perentorietà delle affermazioni, per le quali la depressione è «scritta nel Dna», e lo studio in questione «spazza via ogni dubbio».
Analisi del pubblico e pianificazione narrativa
La costruzione di una narrazione strategica, sia a livello individuale, che a livello aziendale o istituzionale, si basa su due tappe essenziali:
– la prima consiste nella lettura della biografia del pubblico, specie quella contemporanea, a cui ci si intende rivolgere;
– mentre la seconda è la creazione di una struttura narrativa e retorica che possa aderire alla momento narrativo del proprio pubblico.
La strategia di comunicazione della psichiatria segue coerentemente queste tappe.
Innanzitutto, avendo consapevolezza del momento esistenziale di un pubblico, composto prevalentemente da soggetti che vivono in uno stato di sofferenza interiore, causato da un disturbo psicologico particolare, e che nello stesso tempo coinvolge un gran numero di persone, tale strategia riesce a cogliere quali sono le particolari richieste dei propri destinatari.
Infatti:
Lo scopo del marketing narrativo non è più semplicemente convincere il consumatore a comprare il prodotto, ma anche immergerlo in un universo narrativo, coinvolgerlo in una storia credibile.
Non si tratta più di sedurre o convincere, ma di produrre un effetto di credenza. 4
In base alla lettura del momento esistenziale dei destinatari, la psichiatria ha impostato una narrazione che, saturando i media, cerca di fare leva sull’insoddisfazione di un bisogno, quello di sicurezza, a cui gli autori di tale ordine del discorso rispondono con il racconto delle origini del male, a cui fa (indirettamente) seguito quello della cura del male, cioè la somministrazione di una sostanza magica, la quale supplisce ad una mancanza.
Lo scopo primario della narrazione del disagio della psichiatria contemporanea è quello di presidiare, non solo il mercato della cura psicologica, ma anche quello della spiegazione del male interiore.
Il presidio narrativo della psichiatria contemporanea non comporta solamente il mantenimento di un determinato ordine del discorso, ma ha anche l’effetto di monopolizzare e rendere inalterabile l’analisi e la divulgazione delle cause della sofferenza psichica.
L’obiettivo, dunque, di questa strategia comunicativa, è quello di creare una narrazione di controllo/presidio del campo discorsivo legato all’origine del disagio psichico in generale, facendo leva su una richiesta di sicurezza e tranquillità, da parte dei destinatari del messaggio.
La pianificazione narrativa non potrebbe avere così rilevanza nell’opinione pubblica se non si fondasse su due meta-discorsi, il mito della cura/guarigione e il mito della salvezza.
Il mito della cura e della guarigione è un ordine del discorso estremamente pervasivo nella odierna società dei consumi, molto più di quanto si potrebbe pensare, basti pensare a come il linguaggio settoriale medico abbia sconfinato anche in altri ambiti.
Uno dei settori maggiormente colpiti da questo sconfinamento discorsivo è quello dei prodotti alimentari, che negli ultimi anni si è così trasformato sempre più, tanto da apparire quasi come una branca della farmacologia.
C’è una vasta gamma di prodotti alimentari caratterizzati dall’assenza di qualcosa allo scopo di difendere il corpo (senza olio di palma, senza grassi saturi, ecc..), oppure dalla presenza di alcuni componenti che si dice rafforzino il corpo, o addirittura guariscano da patologie fisiologiche; non a caso esiste un vero e proprio settore industriale, chiamato «nutraceutica» 5, che si basa sulla ricerca di quei principi nutrizionali che danno effetti benefici al corpo umano.
Un altro mito su cui si basa la narrazione della psichiatria odierna è quello della salvezza/liberazione che prende forma nel momento in cui viene proposto al pubblico il rimedio al male psicologico: lo psicofarmaco.
Questo particolare mito è estremamente potente dal punto di vista comunicativo, specialmente per una platea che vive in uno stato di profondo disagio esistenziale, poiché si posiziona come la soluzione a ciò che si potrebbe definire il fatal flaw del ricevente.
Il fatal flaw, letteralmente «difetto fatale», è quel singolare atteggiamento, comportamento o credenza di un soggetto, che rappresenta il tallone d’Achille della persona, il punto più debole, indice della vulnerabilità più intima della persona.
È ovvio che in un tale contesto, la promozione di una soluzione facile, immediata e veloce, come una sostanza chimica, rappresenti la migliore strategia di ammiccamento nei confronti di un destinatario vulnerabile e facilmente disposto a un rimedio che sia il più rapido possibile.
Dallo storytelling all’ordine del discorso
Per avere rilevanza in qualsiasi ambito comunicativo, una narrazione deve possedere delle caratteristiche ricorrenti, le quali sono in grado di conferirle, non solo consolidamento, ma una vera e propria supremazia discorsiva.
Secondo Foucault 6, esistono delle particolari procedure, ricostruite storicamente, che sono in grado di creare un ordine del discorso e renderlo dominante rispetto ad altri discorsi: tali discorsi possono essere di ordine culturale, politico o anche di consumo.
Nel caso dell’ordine del discorso relativo alla causa genetica dei disturbi psichici, potremmo dire che ci troviamo contemporaneamente nel campo del discorso culturale, per via dell’aura di scientificità conferita alla considerevole mole di pubblicazioni, e nel campo del discorso commerciale e di consumo, essendo questi i consequenziali sbocchi a cui, tali teorizzazioni, mirano.
Le procedure necessarie per costruire una supremazia discorsiva in qualunque ambito, sono, per il filosofo francese, fondamentalmente tre:
– la procedura della razionalità, o verosimiglianza, con la quale viene descritta la «verità delle cose», lo «stato della realtà», relativamente al tema affrontato;
– la procedura del commento e della ripetizione, grazie alla quale i discorsi e i relativi contenuti di un determinato settore, vengono reiterati, allo scopo di renderli sempre più accessibili alla pubblica opinione;
– e la procedura della ritualità, con cui si definiscono le modalità attraverso le quali tali discorsi vengono messi in circolazione all’interno di una società.
Quindi, ogni narrazione, che abbia come scopo la supremazia in un determinato campo discorsivo, deve essere razionalizzata, o resa verosimile, deve essere ripetuta e ritualizzata.
Le stesse procedure descritte da Foucault le possiamo ritrovare nel discorso della “predisposizione genetica” dei disturbi psichici:
– la razionalizzazione prende forma dalle pubblicazioni scientifica sui particolari geni, che, di volta in volta, vengono descritti come la causa organica di un particolare problema psicologico, che conferisce al discorso scientifico un carattere di oggettività e di incontestabilità;
– la ripetizione e il commento si concretizzano nei molteplici articoli specialistici e divulgativi che compaiono sulla stampa, sul web, sia siti popolari, sia siti specialistici, e sui media audiovisivi, in particolare telegiornali e talk show;
– la ritualizzazione , invece, è messa in opera dalle singole declinazioni del messaggio caratterizzate sempre dalla presenza di operatori medici e da testimonial, spesso appartenenti al mondo del cinema e dello spettacolo.
Il punto debole della narrazione psichiatrica
Nelle scienze della narrazione esiste un modello che rappresenta un punto di riferimento per ogni tipo storia, letteraria, teatrale, o cinematografica, chiamato «schema narrativo canonico» 7, il quale descrive quali sono gli elementi immancabili in ogni tipologia di racconto.
In ogni storia, infatti, è sempre presente un eroe, un protagonista, che è alla ricerca di sé, il quale è chiamato a compiere un’impresa e a vincere una sfida, scontrandosi con un avversario, che può anche non essere interiore ed impersonale, allo scopo di superare un conflitto o un trauma, per raggiungere un qualche tesoro, reale o immateriale, avendo il sostegno da qualche aiutante, oppure da oggetti magici, raggiungendo alla fine le «nozze finali», il «tutto è bene quel che finisce bene».
Ricalcando questo schema, si potrebbe affermare, che il protagonista al centro della scena, l’eroe in questione, non è il paziente, perché l’intero assetto narrativo è focalizzato sul gene alterato che causa il disagio, ma soprattutto sulla sostanza chimica, sul farmaco, spersonalizzando completamente la scenario.
Il centro di tutto non è l’eroe/protagonista personale, ma l’oggetto magico: in questo caso, il farmaco che ripara il gene alterato.
In conclusione, facendo sempre il parallelo con la narratologia, nella strategia comunicativa della psichiatria manca ciò che è stato chiamato «il viaggio dell’eroe» 8, un modello narrativo che, partendo dalle intuizioni dello schema narrativo canonico, tende a leggere le vicende dal punto di vista dell’evoluzione interiore del protagonista.
Il deficit principale ed essenziale dell’ordine del discorso psichiatrico è quello di non comprendere l’istanza evolutiva che si cela dietro al sintomo, focalizzando il suo messaggio su una sorta di aggiustamento biochimico, avente l’unico scopo di restaurare il «prima» della manifestazione della sofferenza emotiva.
Se l’unico traguardo è quello della restaurazione o dell’aggiustamento di uno stato biochimico, è palese che a mancare è il cambiamento, la vera cura dell’anima, quel viaggio dell’eroe, che è fondamentalmente un viaggio interiore, «in cui oscure resistenze vengono vinte e resuscitano poteri a lungo dimenticati per essere messi a disposizione della trasfigurazione del mondo» 9 , ed in cui «l’eroe è il simbolo di quell’immagine divina creativa che è nascosta dentro ognuno di noi e che aspetta solo di essere trovata e riportata in vita» 10.
Il viaggio che porterà al superamento del problema psicologico avrà allora per protagonista il paziente che potrà con l’aiuto, non di una molecola, ma dell’Altro, gestire la psiche «alla stregua di un mondo materiale o di un mondo narrativo, perché disponiamo degli strumenti dell’immaginazione, che consente di creare le scene nelle quali le parti della psiche prendono vita» 11.
- http://www.repubblica.it/salute/ricerca/2011/01/04/news/la_depressione_ha_anche_origine_genetica-10847299/
- Cfr. Fontana, A., Manuale di Storytelling. Raccontare con efficacia prodotti, marchi e identità d’impresa, Rizzoli Etas, Milano 2009.
- Fontana, A., Storyselling. Strategie del racconto per vendere sé stessi, i propri prodotti, la propria azienda, Rizzoli Etas, Milano 2010.
- Salmon, C., Storytelling. La fabbrica delle storie, Fazi editore, Roma, 2008.
- Termine nato dalla fusione delle parole «nutrizione» e «farmaceutica», coniato da Stephen De Felice.
- Foucault, M., L’ordine del discorso, Einaudi, Torino, 1972.
- Cfr. Propp, V., Morfologia della fiaba, Einaudi, Torino, 2000
- Vogler, C., Il viaggio dell’eroe, Dino Audino Editore, Roma, 1999.
- Campbell, J., L’eroe dai mille volti, Guanda, Parma, 2000.
- ibid.
- Ghezzani, N., Autoterapia, Franco Angeli, Milano, 2005.