Donne che non si amano. Il masochismo morale femminile

di Nicola Ghezzani

Gli uomini sbagliati

woodman-autoritrattoNon poche donne, nella stanza di psicoterapia, si lamentano di un problema specifico: esse attraggono solo “uomini sbagliati”. Talvolta descrivono uomini problematici, sofferenti di qualche disturbo di natura affettiva, sociale o mentale, che si legano morbosamente a loro chiedendo comprensione, in forma di sesso e di amore. In questo caso la donna sembra pervasa da una sorta di fantasia salvifica: lei salverà l’uomo malato. Ma il più delle volte – ed è questo il caso più sorprendete – molte di queste donne si legano a uomini palesemente insensibili, manipolatori e strumentalizzanti, talvolta veri e propri criminali morali, dalle quali sono attratte e che dichiarano di amare.

Alcune di queste donne, in principio, permangono in una lunga fase di idealizzazione, che impone loro un servizio d’amore esaltato da una spinta entusiastica, talvolta maniacale. Pian piano però i difetti dell’uomo cominciano a trasparire: ripetizioni patologiche e distruttive, oppure sottili forme di disprezzo, tradimenti seriali, manipolazione emotiva, sfruttamento e violenza.

A questo punto le “belle addormentate” si sveglino, sono turbate della scelta compiuta, vogliono sottrarsi al ricatto affettivo, ma non sanno come fare. Alcune si arrendono alla propria debolezza e scendono di un gradino nel girone infernale, perché vivono rapporti senza senso, si sovraccaricano di sofferenza, costrette come sono a rifornire i loro “uomini sbagliati” di false illusioni. Altre resistono, ma non sono abbastanza sicure ed assertive nel rifiuto, sicché esitano, spesso entrano in conflitto, restando però prigioniere. Altre, infine, riescono a tagliare il legame patologico in modo drastico, ma si tormentano con l’idea di aver fatto male, di aver perso un’occasione, o di doversi rassegnare al destino di essere loro stesse sbagliate, perché attraggono solo uomini sbagliati lasciando quelli “giusti” alle altre.

Non poche volte, appena si sente rifiutato, l’uomo diventa un “persecutore affettivo”, in modo “soft”, cioè discreto e delicato, ma insistente, oppure aggressivo, talvolta violento. Se è un uomo sofferente, la sua azione dissuasiva si esprime attraverso la manifestazione di sintomi, la caduta in depressione e la minaccia di suicidio; se invece è un narcisista la stessa azione si esprime attraverso il discredito, la mistificazione, le seduzioni e le menzogne strumentali, la persecuzione verbale e fisica. La donna a questo punto – tormentata da un processo morale interno – si chiede se sia stata lei a far precipitare la situazione, e spesso se ne fa una colpa; oppure, benché consapevole del carattere patologico del rapporto, vi si rassegna pensando di non poter avere (cioè di non meritare) altro destino che quello.

In questa categoria femminile possiamo trovare tanto le dipendenti affettive, quanto le masochiste morali. La differenza fra l’una e l’altra tipologia sta nel fatto che le dipendenti di solito idealizzano i loro partner e si addossano interamente la colpa del mancato rapporto; le masochiste, ossia le donne che non si amano, vedono con chiarezza i deficit dell’uomo, ma una sorta di attrazione fatale le porta a bruciarsi le ali, come falene affascinate dalla luce di un falò.

Da cosa dipende questa strana configurazione affettiva, perché queste donne ripetono sempre lo stesso errore e persistono nel farsi del male?

Masochismo morale e autosvalutazione

Woodman SpecchioLa donna in questione – donna che non si ama – ha una bassa autostima e si considera una persona di poco valore. Non sempre la dipendente affettiva è cosciente di darsi uno scarso valore; questo tipo di donna invece sì. La bassa autostima più o meno cosciente correlata a comportamenti che portano un danno alla propria identità affettiva, sociale e talvolta fisica, e quindi alla propria vita, la definiamo masochismo morale.

Il masochismo morale è un’attitudine della persona non solo a giudicarsi male, ma a anche a farsi danno su diversi piani. Esso dipende da larvati sentimenti di indegnità e di colpa presenti da sempre, come un batterio dormiente, nel cuore dell’identità. Spesso la masochista morale ha avuto genitori che non l’hanno valorizzata o l’hanno del tutto ignorata. E lei, sin da piccola, piuttosto che sviluppare un carattere rabbioso, oppositivo, protestatario, ha “scelto” la via della soggezione e ha interiorizzato il rifiuto genitoriale nei termini di una oggettiva indegnità. Si è detta: «se non mi amano è perché non lo merito».

Dal momento di questa valutazione, la sola idea di meritare amore e felicità diviene una sorta di trasgressione. La bambina, divenuta poi donna, non può esigere amore, perché il solo farlo significa far crollare la costruzione con la quale ha salvato i genitori dal proprio risentimento. Ciò che ha evitato nel corso di tutta la sua vita è raggiungere una consapevolezza di questo tipo: «Se ammetto di meritare amore, devo anche ammettere che loro sono stati ingiusti. Quindi non potrei più salvarli dal mio giudizio di condanna!» Il prezzo pagato per conservare l’immagine buona delle persone importanti della vita è stato di negativizzare la propria personale immagine: «Io non valevo abbastanza per essere amata!».

La psicoterapia

La scelta del partner sbagliato è un modo per ripetere questa memoria negativa, secondo la quale è lei che dovrebbe sottomettersi ai difetti dell’altro. Solo finché si sottomette, ella si sente buona. Se chiede amore e felicità, disobbedisce, dunque è cattiva.

Poiché si tratta di solito di memorie profonde, radicate nella personalità, è difficile che la masochista morale riesca a cambiarle coi  propri mezzi personali, e questo nonostante la sua coscienza si ribelli di continuo. L’obbligo morale inconscio è tale da dare scacco alle più normali esigenze di dignità. Dunque, questo tipo di donna può guarire solo grazie ad un intervento professionale ottimale.

Talvolta può accadere che ella acquisisca meriti in campi non sentimentali, per esempio sul lavoro o grazie ad una passione o in qualche contesto sociale. Questi meriti possono allora scalfire il nocciolo duro dell’autodenigrazione. Ma si tratta di eventi casuali e infrequenti, che non solo non cambiano l’equilibrio psicologico di fondo, ma possono sempre essere addebitati dal masochista al caso, alla fortuna o a un errore di valutazione da parte degli altri.  Il lavoro di psicoterapia è invece programmato e metodico.

Lo psicoterapeuta dovrà fare col paziente masochista alcuni passi fondamentali. Innanzitutto dovrà rendere evidente che esiste una vita emotiva inconscia, con le sue convinzioni potenti e radicate, e che questa vita emotiva inconscia ha dominato la razionalità e il buon senso coscienti. Poi, in secondo luogo, dovrà mettere il paziente nella condizione di risalire alle prime interazioni affettive coi genitori perché egli si renda conto di come l’angoscia di perdita e il senso di colpa gli abbiano inibito la richiesta di amore.

“Smontare” il senso di colpa di fronte alla propria domanda di dignità e di amore è l’atto terapeutico centrale. La capacità di rifiutare ogni rapporto che non sia egosintonico, cioè gradito e ben integrato nell’Io, ne verrà di conseguenza.

Accanto alla psicoterapia, che resta lo strumento elettivo, possono risultare efficaci anche i gruppi di auto-mutuo aiuto e, nel caso di donne dipendenti, gruppi di coscienza culturale femminile, nonché le relazioni amicali e sociali di affettuosa intimità.

Poiché nasciamo con un bisogno imprescindibile di amore, il processo terapeutico avrà un formidabile alleato nella natura profonda della stessa paziente, che in realtà non cessa mai di esigere una attenzione finalizzata al recupero della dignità.

In questo millennio che si apre su uno scenario di gravi ingiustizie sociali è di vitale importanza che alla donna venga restituita – e lei sappia riprendersi – la sua dignità, sanando così la prima, grande ingiustizia “di classe” del genere umano.

Libri consigliati

Ghezzani N. Volersi male, FrancoAngeli, Milano, 2002;

Ghezzani N., Quando l’amore è una schiavitù, FrancoAngeli, Milano, 2006;

Ghezzani N., L’amore impossibile, FrancoAngeli, Milano, 2015.

Welldon E. V. (1988), Madre, madonna, prostituta, Centro scientifico editore, Torino, 1995.

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