ReIazioni crudeli. Narcisismo, sadismo e dipendenza affettiva
di Nicola Ghezzani
Recensione al libro: RELAZIONI CRUDELI, narcisismo, sadismo e dipendenza affettiva,di Nicola Ghezzani, Editore FrancoAngeli, Milano (2019)
Da: Psicopuglia, Notiziario dell’Ordine degli psicologi della Puglia, dicembre 2019, vol. 24, pp. 280-82.
Come psicoterapeuti, siamo abituati a cogliere la psicopatologia sul versante della sofferenza: dall’ansia panica che divora il corpo e la mente, alle idee ossessive che costringono il pensiero e l’azione in una prigione mentale, dai tormenti del senso di colpa fino alla depressione grave che abbatte l’Io riducendolo allo stato del morto vivente. Ma quando analizziamo l’intero spettro della psicopatologia, ci rendiamo conto che esiste tanta psicopatologia opposta a questa, una psicopatologia apatica, contrassegnata dalla insensibilità: le seduzioni e i conflitti dell’isteria, la violenza cieca degli stati borderline, la freddezza amorale della perversione, il delirio lucido e cinico della paranoia ecc. Ebbene, il primo grande pregio del libro di Nicola Ghezzani Relazioni crudeli (FrancoAngeli, Milano, 2019) – e quindi l’interesse che riveste per il tecnico psicopatologo e delle relazioni umane – consiste proprio nell’aver isolato il tratto dell’insensibilità come contraltare dialettico della patologie da senso di colpa, quindi da sofferenza morale, a cui siamo maggiormente abituati.
Il concetto di “narcisismo”, nato nel 1898 con Havelock Ellis e posto al centro della teoria psicoanalitica da Sigmund Freud nel 1914, col saggio Introduzione al narcisismo, ha una storia lunga e variegata. Senza ripercorrerla tutta, è sufficiente osservare che nella letteratura non-scientifica di questi ultimi anni se ne è fatta una sorta di caricatura, atta a contenere ogni sorta di nefandezza. Il pregio che il libro di Ghezzani può avere agli occhi del tecnico è di aver ricondotto il narcisismo in un ambito scientifico, nel quale esso è studiato come patologia prodotta dall’alterazione traumatica del naturale sviluppo personale verso l’individuazione: in una tradizione che da Anna Freud, attraverso la rivoluzione di John Bowlby, raggiunge da un lato la controversa psicoanalista eretica Alice Miller, dall’altro gli accurati studi di psicoanalisi intersoggettiva di Stephen Mitchell, Phillip Bromberg, Allan Schore.
In questa tradizione, l’analisi del trauma diventa l’oggetto principale di attenzione, soprattutto in relazione alle patologie caratterizzate da isolamento affettivo e comportamenti insensibili e amorali, nate dal rifiuto della relazione conseguente al trauma. Dopo un’analisi delle esperienze di laboratorio di Edward Tronick e Colwyn Trevarthen, Ghezzani annota: «per un bambino di pochi mesi non guardare la madre significa di fatto rifiutare lo sguardo di qualunque essere umano, rifiutare la relazione umana fondamentale, perché la madre è il primo essere umano di riferimento. Per lui, rifiutare lo sguardo della madre vuol dire interrompere il circuito dell’empatia e sospendere il rapporto di fiducia con qualunque essere umano, quindi con l’esistenza umana tout court. Nel momento in cui rifiuta la madre, il piccolo attiva un bisogno di opposizione la cui funzione è di difenderlo dalla violenza delle relazioni, ma il cui sviluppo può essere peggiore del male. Infatti, allorché il bisogno di opposizione si organizza in una difesa stabile interrompendo l’em- patia ottiene l’effetto di paralizzare il suo bisogno complementare, cioè il bisogno di relazione affettiva. E se questa linea tendenziale prosegue attraverso l’adolescenza, il risultato finale è la creazione di un carattere anaffettivo stabile: un carattere controaffettivo, narcisista o isterico, con il definitivo isolamento emotivo e una solitudine interiore senza scampo» (p. 28).
Alle storie cliniche, eleganti nello stile e vive nella rappresentazioni, il libro affianca affascinanti psicobiografie di personaggi illustri, fra le quali fa spicco quella di François de Sade, il padre del sadismo. E qui Ghezzani mostra uno dei punti forti del libro: nonché analisi del narcisismo, esso è accurata disamina di quella perversione caratteriale che è il sadismo, che egli individua come una delle chiavi per capire la modernità.
Ma il libro fa anche di più. Attraverso il testo viene pian piano in luce una concezione nuova e originale della natura umana e della psicopatologia: conteso da due bisogni fondamentali – il bisogno di appartenenza/ integrazione sociale e il bisogno di opposizione/ individuazione– l’essere umano è un accorto bilanciamento di impulsi amorosi e impulsi ostili, di relazioni umane e di autoreferenzialità soggettiva. Laddove la parte oppositiva si strutturi intorno a introietti e modelli di comportamento insensibili, controaffettivi, sadici, da un lato può stabilizzarsi grazie ad essi, dall’altro può sviluppare formazioni reattive (difese) incentrate sull’ansia e il senso di colpa che inducono stabili psicopatologie riparative. Queste ultime vanno dall’ossessione catastrofica e la depressione ansiosa fino al “masochismo morale”– cui l’Autore aveva già dedicato il libro Volersi male (2002) – al comportamento della “vittima latente” (disponibile al proprio olocausto) evidenziato dalla criminologia.
In un viaggio rapido e intenso di dieci capitoli, la psicopatologia dispiega allora la sua trama nascosta.
Scrive Ghezzani: «Come già individuato da Eugen Bleuler e dai primi psicoanalisti, Freud e Abraham per primi, l’ambivalenza, cioè l’oscillazione fra l’amore e l’odio, è alla base di ogni psicopatologia» (p. 135). Sul versante delle sofferenze masochiste, lancia una nuova categoria psicodinamica:«Chiamo fascinazione masochista quella posizione dell’identità per la quale mentre si subisce un dolore, ricercato in modo più o meno conscio da parte di una figura esterna, si soddisfa una segreta esigenza sadica e persino distruttiva ne i confronti del proprio stesso Sé (corpo, mente e beni affettivi), quindi anche nei confronti di persone che, essendo parti di questo Sé, vengono tormentate, maltrattate, danneggiate, distrutte» (p. 142). Per contro, seguendo la linea della identificazione col persecutore, scoperta da Sàndor Ferenczi e Anna Freud, «Chi si identifica col persecutore diviene a sua volta un persecutore, non una vittima. Costui enfatizza la propria rabbia di vittima elevandola di potenza, fino all’odio per la tenerezza, vissuta come spregevole e angosciosa debolezza, e quindi al ripudio della relazione umana. Per la via dell’identificazione col persecutore possiamo capire la genesi della crudeltà, della violenza borderline, della per- versione sadica» (p. 146).
Cosa dice infine Ghezzani circa le prospettive di guarigione? «La guarigione» egli dice «è possibile, ma necessita di molteplici qualità: una certa sensibilità al senso di giustizia e all’empatia, disponibile ad essere risvegliata; una intelligenza strategica da impegnare in una domanda incalzante circa i fini e il senso della vita; una creatività che aiuti l’elaborazione di nuovi schemi e nuovi progetti di vita. Insomma – per concludere –, guarire è un fatto etico. Scolpire nella mente questa massima è di fondamentale importanza. Al di fuori della confusione valoriale generata dai conflitti, la guarigione è il destino etico in se stesso ed è pertanto ineluttabile. Chiunque lo comprenda passa dal senso di colpa al principio di responsabilità, dalla passività morale a un’esistenza morale attiva. Solo a questo punto l’individuazione, che si era persa nei meandri labirintici di conflitti senza fine, può riprendere il suo cammino» (p. 163).
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